Fisioterapia
Pubalgia: cause, sintomi e trattamenti
Tempo di lettura stimato 5,6 min.
Coloro che soffrono di pubalgia sono affetti, più semplicemente, da un dolore provocato dall’infiammazione dei muscoli e dei tendini collocati nella zona del pube, di solito a causa della ripetizione intensa di determinati movimenti.
Il dolore, spesso persistente, può causare disagio e, alla lunga, diventare invalidante. Per questo è molto importante rivolgersi al proprio medico di base o direttamente a uno specialista per una diagnosi accurata e un percorso terapeutico finalizzato alla guarigione.
Quali sono le cause della pubalgia?
Una condizione come la pubalgia può scaturire a causa di fattori molto diversi tra loro. Nella maggior parte dei casi, le cause scatenanti rientrano tra i microtraumi da movimento intenso per cui, nello specifico, il paziente ha compiuto in modo ripetitivo sempre lo stesso gesto.
Molto spesso, infatti, la pubalgia è associata allo sport, non necessariamente agonistico, e a essere colpiti sono prevalentemente ciclisti e calciatori. Allo stesso modo, anche chi svolge attività lavorative usuranti può accusare dolore da pubalgia.
Ma non solo, perché all’insorgere della pubalgia possono concorrere ulteriori fattori di rischio, quali:
- artrosi dell’anca;
- traumi ai piedi o agli arti inferiori;
- asimmetria degli arti;
- patologie a carico della schiena;
- disfunzioni articolari o urogenitali;
- patologie infettive.
Infine, esiste una forma specifica che colpisce le donne in gravidanza, soprattutto dopo aver superato il sesto mese di gestazione, dato il pube si trova in una vera e propria “zona di passaggio” per il nascituro.
Quali sono i sintomi della pubalgia?
Il tipico sintomo della pubalgia è il dolore, forte e intenso soprattutto al mattino o prima di compiere attività fisica. Quest’ultima, infatti, migliora la sintomatologia perché scalda i muscoli rendendoli più attivi. A volte, il dolore può estendersi fino ai muscoli adduttori e addominali, per giungere anche al perineo e agli organi genitali.
Più raramente, la pubalgia può causare disturbi alla vescica, provocando un senso di mancato svuotamento e, di conseguenza, la necessità di urinare spesso nonostante la vescica sia totalmente vuota.
A uno stadio più avanzato, invece, i sintomi della pubalgia possono insorgere improvvisamente e intensamente in occasione del movimento, al punto da impedirne il proseguimento. Ecco perché è fondamentale non sottovalutare eventuali dolori inguinali, soprattutto se la pubalgia non è stata ancora diagnosticata.
Tipi di pubalgia
Esistono diverse forme di pubalgia, che si differenziano tra loro per la zona specifica coinvolta. Le più comuni sono:
- sindrome retto-adduttoria, quando a essere coinvolta è la zona del pube di natura muscolo-tendinea. Le cause sono da imputare a un’eccessiva tensione sull’inserzione ossea del pube, il che ne altera la funzionalità e provoca infiammazione. I pazienti colpiti avvertono dolore all’interno coscia e quando compiono i più piccoli gesti quotidiani;
- sindrome della guaina del retto femorale o del nervo perforante del retto addominale, tipico del calciatore. La causa è quasi sempre un trauma, cioè la microlesione della fascia superficiale addominale che, a sua volta, provoca lo stiramento del nervo perforante;
- sindrome sinfisaria, conosciuta anche come osteo-artropatia pubica, in cui l’origine del dolore proviene dalla sinfisi pubica ormai colpita da artrosi. Le cause si possono ricondurre ad attività sportive o lavorative, oppure a motivi strutturali.
Inoltre, è possibile compiere un’ulteriore distinzione “di genere” tra la pubalgia maschile e la pubalgia femminile. La medicina, ormai, utilizza approcci diversi per ciascuna, il che permette di intervenire in modo mirato e specifico attraverso piani terapeutici personalizzati.
Negli uomini, la sinfisi pubica si manifesta con un coinvolgimento di uno dei capi del legamento sospensorio del pene. Nelle donne, invece, come accennato precedentemente, la pubalgia può insorgere durante la gravidanza. In questo momento tanto speciale quanto delicato, infatti, l’organismo femminile produce più relaxina, l’ormone che prepara al travaglio agendo sulle articolazioni; così facendo, il bacino si modifica per agevolare il passaggio del nascituro in occasione del parto.
Durante il terzo trimestre, quindi, è altamente probabile che la futura mamma avverta fastidio al pube e al basso ventre che, in alcuni casi, può sfociare in vero e proprio mal di schiena. Il dolore, tra l’altro, può aumentare a causa del peso del feto o da una sua posizione anomala.
Come si diagnostica la pubalgia?
La diagnosi di pubalgia si accerta tramite visita fisiatrica. Il medico, dopo aver raccolto tutte le informazioni utili nel corso dell’anamnesi, compie un esame obiettivo del paziente per valutare i sintomi e la condizione di salute generale.
Successivamente, si rivelano sempre molto utili alcuni esami strumentali, come ecografia, radiografia del bacino e risonanza magnetica, che permettono di ottenere dati estremamente precisi sulla condizione di ossa, muscoli e tendini.
Nonostante le complicazioni della pubalgia siano piuttosto rare, è bene compiere una diagnosi tempestiva in modo da evitare che la patologia diventi cronica. Inoltre, la diagnosi differenziale consente di individuare eventuali alterazioni della sfera sessuale causate da una disfunzione del muscolo pubococcigeo, come l’eiaculazione precoce negli uomini e la dispareunia nelle donne.
Come si cura la pubalgia?
Una volta ottenuta la diagnosi, i trattamenti per la pubalgia possono essere diversi a seconda dell’entità del dolore, della causa scatenante e delle caratteristiche del singolo paziente. La prima scelta ricade sempre su un approccio di tipo conservativo, basato sul riposo assoluto della durata di almeno 2-3 settimane.
Durante la fase acuta, la pubalgia può essere trattata anche con:
- impacchi di ghiaccio sulla zona interessata, da applicare 2-3 volte al giorno per circa 15 minuti per alleviare il dolore;
- assunzione di farmaci antinfiammatori per via orale o per via topica, in modo da ridurre sia il dolore, sia l’infiammazione.
Inoltre, la fisioterapia svolge un ruolo fondamentale, in quanto le manipolazioni, le tecniche strumentali e l’allenamento funzionale sono a dir poco benefici per chi soffre di pubalgia. In particolare, si rivelano particolarmente utili:
- laserterapia, che riduce il dolore, rilassa i muscoli e velocizza la guarigione;
- tecarterapia, che sollecita la risposta dei tessuti coinvolti;
- ultrasuonoterapia, che agisce come una sorta di massaggio;
- tens-terapia, basata su onde d’urto in grado di favorire l’adeguato apporto di sangue ai tessuti infiammati;
- chelt therapy, indicata per la sua azione decontratturante, analgesica e antinfiammatoria.
Superata la fase acuta, è consigliato iniziare un percorso di fisioterapia basato su esercizi che permettono di:
- allungare i muscoli adduttori e la catena muscolare posteriore della coscia;
- rafforzare gli adduttori con movimenti concentrici ed eccentrici;
- rafforzare i muscoli di addome e bacino;
- supportare equilibrio e stabilità con movimenti propriocettivi;
- coordinare e controllare l’intero tronco.
Esistono, inoltre, alcuni rimedi naturali per la pubalgia che, esattamente come l’applicazione di ghiaccio, alleviano il dolore e riducono l’infiammazione. I più comuni prevedono creme o gel formulate con piante naturali dalle proprietà antinfiammatorie, come arnica, zenzero e curcuma.
Difficilmente la pubalgia richiede l’intervento chirurgico, che viene preso in considerazione solo in casi gravi ed estremi. L’approccio conservativo permette di ottenere ottimi risultati, ma solo se si segue il piano terapeutico indicato dal fisioterapista in modo costante.
Articoli correlati