
Fisioterapia
Piede cavo: cause, sintomi e ruolo della fisioterapia
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Si sente spesso parlare del piede piatto, un po’ meno del piede cavo; quest’ultimo non è altro che una deformità anatomica che comporta un arco plantare eccessivamente alto che, di conseguenza, altera l’appoggio del piede al pavimento. Se, infatti, gli individui “normali” poggiano il tallone, la parte centrale esterna e la parte anteriore, chi ha il piede cavo poggia solo il tallone e la zona anteriore.
Il fatto di poggiare il piede in modo anomalo implica una ridistribuzione del peso corporeo, che grava su due parti e non su tre. Questo, alla lunga, potrebbe portare alterazioni della postura e della camminata, così come scompensi di altri tipo a tratti fastidiosi e dolorosi.
Per fortuna, grazie all’intervento della fisioterapia, è possibile convivere serenamente con questa condizione senza dover modificare drasticamente il proprio stile di vita. Così come avviene presso il Poliambulatorio D’Arpa di Palermo, chi soffre di piede cavo può svolgere esercizi ad hoc, appositamente pensati per mantenere una postura corretta, camminare normalmente e svolgere le attività quotidiane senza compiere alcuno sforzo.
Quali sono le cause del piede cavo?
Da cosa deriva la condizione di piede cavo? Le cause scatenanti possono essere di tre tipologie, che differiscono per la loro natura:
- cause congenite, che trasmettono la condizione dai genitori ai figli come una qualsiasi altra caratteristica somatica;
- cause idiopatiche, quindi senza alcun fattore scatenante evidente o riconosciuto;
- cause adattive, cioè un insieme di fattori che spingono il piede ad assumere una determinata forma anatomica per adattarsi alla situazione.
L’ultima tipologia, cioè quella che comprende le cause adattive, merita maggiore attenzione perché coinvolge un gran numero di fattori predisponenti:
- traumi ai piedi o alle caviglie;
- alcune patologie neurologiche progressive, come l’atassia di Friedreich, la sindrome di Charcot-Marie-Tooth, la neuropatia autonomica e sensoriale ereditaria, la siringomielia, la distrofia muscolare, i tumori spinali e il tumore al cervello;
- lesioni tendinee, come la rottura del tendine di Achille;
- alcune patologie neurologiche statiche, come ictus, paralisi cerebrale, poliomielite;
- lesioni a carico del nervo peroneo o delle radici dei nervi spinali;
- gotta;
- artrite reumatoide;
- uso di scarpe inadeguate.
Quali sono i sintomi del piede cavo?
Il piede cavo può essere una condizione del tutto asintomatica e, quindi, non comportare alcun disturbo, oppure sintomatica e, quindi, accompagnata da alcune manifestazioni più o meno evidenti. In questo secondo caso, i sintomi principali sono:
- dolore alla caviglia;
- dolore e/o fastidio ai piedi;
- instabilità delle caviglie;
- difficoltà a stare in piedi a lungo, camminare per tratti molto lunghi o correre;
- sensazione di insensibilità e/o rigidità ai piedi e/o alle caviglie;
- calli in alcune zone del piede;
- dita a uncino o dita a martello.
In presenza di uno o più sintomi appena elencati è opportuno rivolgersi al medico per indagare più a fondo, ottenere una diagnosi e, se necessario, iniziare un iter terapeutico finalizzato a mantenere una buona qualità della vita.
Come si diagnostica il piede cavo?
Per diagnosticare il piede cavo sono, di solito, sufficienti l’anamnesi e l’esame obiettivo. Se il medico decide di ricorrere a ulteriori test diagnostici è perché si trova di fronte a due casi in particolare:
- sospetta la presenza di una patologia neurologica;
- il quadro sintomatologico è molto severo, quasi invalidante.
In queste occasioni, quindi, è estremamente utile eseguire anche i raggi X, l’elettromiografia e la risonanza magnetica nucleare (RMN) dell’encefalo e del midollo spinale. Insieme all’anamnesi e all’esame obiettivo, infatti, permettono al medico di compiere una diagnosi accurata e di risalire alle effettive cause del piede cavo, in modo da suggerire al paziente la terapia più adatta alle sue esigenze.
Come si cura il piede cavo?
Il trattamento per il piede cavo dipende dalle cause, dalla gravità dei sintomi e dalla velocità con la quale la condizione si manifesta; tenendo conto di questi aspetti, i medici possono optare per un trattamento conservativo o per l’intervento chirurgico.
La terapia conservativa è sempre la prima scelta quando si ha a che fare con pazienti affetti da piede cavo che manifestano dolore e fastidio; non si tratta di una cura vera e propria, bensì di un insieme di trattamenti volti ad alleviare il dolore. I principali sono:
- l’uso di rialzi o di ortesi plantari, modellati sul piede del paziente e da inserire nelle calzature. Una volta indossati, garantiscono un migliore impatto con il suolo, un’ottimizzazione della distribuzione del peso corporeo sui piedi e una maggiore stabilità dell’articolazione della caviglia;
- l’assunzione di farmaci antidolorifici, che alleviano la sensazione dolorosa;
- l’uso di calzature adatte al piede cavo, che permettono di distribuire al meglio il peso del corpo sui piedi e, quindi, di alleviare il dolore e migliorare la postura;
- l’astensione da tutte le attività che provocano dolore.
La terapia conservativa abbraccia, ovviamente, la fisioterapia. I professionisti di Fisioterapia D’Arpa di Palermo, infatti, per il trattamento del piede cavo propongono:
- esercizi di stretching e di potenziamento di tutti i muscoli della gamba correlati al tendine di Achille;
- esercizi fisioterapici per il miglioramento della camminata e della corsa, quindi particolarmente indicati per gli sportivi. In sostanza, bisogna eseguire esercizi sia attivi che passivi, sotto l’attenta supervisione del fisioterapista, per stabilizzare la muscolatura e la statica del piede.
Se la terapia conservativa non si rivela efficace e la sintomatologia del paziente continua a essere particolarmente intensa, non resta altro che ricorrere all’intervento chirurgico, il cui obiettivo consiste nel correggere la deformità del piede, alleviare il dolore, preservare la caviglia da altre distorsioni e migliorare l’appoggio del piede al suolo.
Quando si opta per l’intervento, è possibile scegliere tra tre tecniche chirurgiche:
- operazioni riservate ai tessuti molli, che comprendono la distensione chirurgica della fascia plantare, l’allungamento chirurgico del tendine di Achille e i trasferimenti tendinei;
- operazioni di osteotomia, che prevedono l’asportazione di porzioni ossee per ridurre la deformità;
- operazioni di artrodesi, indicata per i pazienti continuamente esposti alle distorsioni, che permettono di stabilizzare l’articolazione della caviglia.
La scelta della tecnica chirurgica spetta, ovviamente, al medico di riferimento, che tiene conto della sintomatologia del paziente e della gravità della sua condizione.
A seguito dell’intervento, rientra in gioco la fisioterapia in qualità di riabilitazione: i fisioterapisti di Fisioterapia D’Arpa di Palermo, infatti, seguono i pazienti anche e soprattutto nel post-operatorio, aiutandoli a guarire più in fretta e a tornare alla loro routine quotidiana nel minor tempo possibile.
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